IL MONTAGGIO ALTERNATO

UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI MILANO
Facoltà di Lettere e Filosofia – Corso di laurea in Scienze dei Beni Culturali

IL MONTAGGIO ALTERNATO E LA NARRAZIONE NEI FILM:
STRANGERS ON TRAIN
 (DELITTO PER DELITTO, DI ALFRED HITCHCOCK, 1951)
SLIDING DOORS
(ID., DI PETER HOWITT, 1998)

-- 4 ° parte / Capitolo 5 °  --

Tesi di Laurea di: VINCENZO CUCCIA
Anno Accademico 2003/2004

Indice         
Introduzione...................................................................................................................... 5
Capitolo 1. Dal montaggio al montaggio alternato: definizione e breve
 storia................................................................................................................................ 6
1.1 Dal montaggio al montaggio alternato..................................................................... 6
1.2 Breve storia della nascita del  montaggio alternato................................................. 12
Capitolo 2. Caratteristiche del montaggio alternato: sviluppi,
elementi e finalità........................................................................................................... 16
2.1 Vie di sviluppo........................................................................................................ 16
2.2 Elementi.................................................................................................................. 19
2.3 Finalità: l'inseguimento........................................................................................... 23  
2.4 Finalità: suspense e sorpresa................................................................................... 24
Capitolo 3. Descrizione e analisi del sintagma alternato iniziale del film
 Strangers on Train (Delitto per delitto o L'altro uomo, di Alfred
 Hitchcock, 1951)............................................................................................................ 27
3.1 Premesse................................................................................................................ 27
3.2 Descrizione del sintagma alternato iniziale............................................................. 28
3.3 Analisi del sintagma................................................................................................. 35
3.4 Conclusioni............................................................................................................. 38
Capitolo 4. Descrizione e analisi del film: Sliding Doors (Id., di Peter
Howitt, 1998).................................................................................................................. 40
4.1 Premesse................................................................................................................ 40
4.2 Descrizione del film................................................................................................. 41
4.3 Analisi del film: alternanza simultanea........................................................................ 59
4.4 Montaggio alternato? ........................................................................................... 62
4.5 L'uso del testimone................................................................................................ 64
4.6 Grande alternanza e piccole alternanze..................................................................... 65
Capitolo 5. Il montaggio alternato nell'uso moderno: falsa onniscienza
e allusione....................................................................................................................... 67
Scheda del film: Strangers on Train............................................................................. 72
Scheda del film: Sliding Doors...................................................................................... 73
Bibliografia……………………………………………………………………………..74

CAPITOLO 5
Il montaggio alternato nell’uso moderno: falsa onniscienza e allusione

Da Griffith a oggi, il montaggio alternato si è sempre più consolidato come convenzione. Abbiamo analizzato nello specifico i due casi di Hitchcock e Howitt, che mostrano legami particolari che può instaurare questa figura con la narrazione, sfruttando al massimo le sue potenzialità linguistiche. In questi film, certo, il suo uso è pienamente convenzionale: simultaneità, convergenza e onniscienza dello spettatore rimandano alla lezione di Griffith. Dagli anni ’60, dapprima soprattutto in Europa e poi negli Stati Uniti, c’è stata una nuova ondata cinematografica teorica e poi pratica, che ha, tra i vari effetti, principalmente decostruito il découpage classico hollywoodiano. E’ quella che viene definita modernità nel cinema, che indica il momento in cui, dalle teorie degli anni ’50 ai prodotti di grandi registi come Godard, Resnais, Truffaut, Richardson, Antonioni, Bertolucci, Rocha e non pochi altri, negli anni ’60 e ’70, si è affrontato in modo critico la questione del linguaggio cinematografico. Negli U.S.A. quella che viene definita New Hollywood ha contribuito a questa messa in discussione del linguaggio filmico grazie, tra gli altri, a registi come Scorsese, Coppola, Bogdanovich  e fino agli ultimi anni con Jarmush, Tarantino e i fratelli Cohen. Si riuniscono nel nome unico di nuovo cinema internazionale tutti questi registi e movimenti che ebbero tra i denominatori comuni quello di violare il découpage classico; un ombrello che copre da Bazin e la Nouvelle Vague, al Free Cinema e molto altro . E’ soprattutto con il termine di montaggio moderno che si suole indicare genericamente tali alternative al découpage classico, inerenti più che altro a tale codice; esempi sono: i jump cut di A Boute de souffle (Fino all’ultimo respiro, 1960) di Jean-Luc Godard che mettono in discussione la continuità classica, i flashback di Alain Resnais in Hiroshima mon amour (Id., 1959), che danno attraverso un particolare uso del montaggio una efficace organizzazione  temporale, gli scavalcamenti di campo in La strategia del ragno (1970)di Bernardo Bertolucci, che sono un duro colpo alla rigidità della regola dei 180° . In Sliding Doors l’eredità della modernità indubbiamente si sente: il montaggio alternato abbiamo visto essere farcito di ogni tipo di tecnica che violi lo stile classico hollywoodiano, come dalla descrizione, vi sono: jump cut, flash bianchi, slow motion e rewind; tuttavia se si esclude l’originalità del gioco temporale unito all’uso del montaggio alternato, non si va molto oltre i principi di tale convenzione,  fortemente presente nel découpage classico. Esistono allora degli esempi di destrutturazione del montaggio alternato come per gli altri elementi della continuità? Un buon esempio di un uso moderno è riscontrabile nella saga di The Godfather (Il padrino 1, 2, 3, 1972-’74-‘90) in particolare in una delle sequenze finali della Parte prima. Qui infatti il regista americano Francis Ford Coppola, mette in discussione sia la convergenza contemporanea delle azioni in un unico luogo, sia lo stato cognitivo di onniscienza dello spettatore . Anche in questo caso è bene chiarire come sia semplice, esplorando i confini del montaggio alternato, sconfinare in quello parallelo, tuttavia sappiamo, come soprattutto nei capolavori, le regole rigide non esistono e l’innovazione di una tecnica  spesso deve passare dalla sua messa in discussione e riformulazione.
Una delle ultime sequenze del film Il padrino- parte I, è un significativo sintagma alternato della modernità, analizziamolo brevemente in funzione al discorso di questo lavoro. L’evento principale è il battesimo del nipote di Michael Corleone (interpretato da Al Pacino, è il figlio del defunto boss Corleone) a cui egli fa da padrino, a questo si alternano continuamente altri eventi paralleli che descrivono alcuni gangster in preparazione ad un regolamento di conti. L’intreccio del film in questo momento è delicato, Michael sta prendendo il posto da boss mafioso del padre, in una situazione critica della malavita newyorkese, non si sa in effetti, chi siano gli amici e i nemici della famiglia Corleone. L’alternanza mostrata in tale contesto narrativo porta ad una prima interpretazione che l’attentato sia rivolto allo stesso Michael, creando un lungo momento di suspense. Da una parte il protagonista in chiesa, con tutti i dettagli della cerimonia, dall’altra tutti i particolari delle preparazioni dei killer; la convenzione porta lo spettatore ad unire i due elementi in un’unica convergenza ai danni di Michael. Il sonoro della cerimonia lega, inoltre, tute le inquadrature, in un montaggio dall’alto valore formale e concettuale . L’interpretazione a cui è inevitabilmente portato lo spettatore ecco che però risulta sbagliata: i gangster uccidono tutti i boss delle varie cosche rivali; alla prolungata suspense, una sorpresa fulminante, degna di Hitchcock. Un duro colpo all’onniscienza tipica affidata allo spettatore dal montaggio alternato, se pensiamo inoltre al fatto che la convergenza non avviene tra l’evento principale e quelli paralleli: la cerimonia si conclude e i gangster non si presentano in chiesa. Nel momento in cui scattano l’esecuzioni dei killer, ecco che la lettura dello spettatore viene rovesciata: la sorpresa è assoluta. La lezione di Coppola, all’interno di tale lavoro, riguarda il come si possa giocare con una tale convenzione, scardinandola nei suoi punti costituenti, ad esempio creando una falsa onniscienza. Quella convergenza caratteristica del montaggio alternato, rimane nel piano d’azione presente nella mente del nuovo boss Michael Corleone, un disegno che ci viene svelato solo alla fine.
Un film recente, Elephant (Id., di Gus Van Sant, 2003), mostra un vero caso limite di tale tecnica, una negazione del montaggio alternato, che avviene tramite una pura allusione. La storia dell’arte e della musica dell’ultimo secolo ci insegnano come in un momento di crisi, o meglio, di “morte” di tali espressioni, la ricerca linguistica sia giunta alla manifestazione dell’assenza del segno o della semplice allusione a questo e alle tecniche con cui questo è stato rappresentato o riprodotto. In Elephant, analogamente, possiamo ritrovare una sorta di allusione alla figura del montaggio alternato, una sua assenza-presenza. Diversi studenti di una cittadina americana come ogni mattina vanno alla loro High School e svolgono le loro attività, la mattina che il film narra però, due di questi studenti fanno una strage di persone, sparando a chiunque come in un videogame . Il regista avrebbe potuto mostrarci in continua alternanza i vari studenti che fatidicamente si avvicinano inconsapevolmente al momento della strage. L’intento di Gus Van Sant però è ben altro; la priorità è quella di ricreare un’atmosfera sospesa e narcotizzante della realtà scolastica, e non solo, americana; lo stile del film deve risentire di questa lettura del regista attraverso una serie di scelte, tra le quali quella di non adottare il montaggio alternato nella sua convenzionalità. Anzi la scelta è di non adottarlo proprio, ma di alludere a questo, sicuramente importante per la comprensione narrativa della storia. Tutto è rallentato, ogni personaggio è asettico e gelido nella sua routine meccanica. In questa dimensione ci vengono mostrati i vari elementi dell’alternanza nella loro autonomia dell’azione, dall’inizio alla fine, in particolare tre personaggi hanno un punto d’incontro preciso nel corridoio centrale della scuola, a pochi minuti dalla tragedia. Il punto d’incontro si palesa come tale solo con l’ultimo piano sequenza del terzo personaggio, in cui vediamo ripetersi le azioni degli altri due che avevano anticipato quella del terzo. Una sorta di estrema dilatazione temporale del montaggio alternato: l’alternanza in realtà non c’è, non c’è simultaneità ma c’è un punto d’incontro che ribadisce che quelle azioni “erano” simultanee.  Lo spettatore avverte una pura allusione a tale figura, che accentua la scelta espressiva del film.
La breve panoramica problematica sul montaggio alternato si conclude, quindi, con un recente esempio di negazione. Una delle più utilizzate delle convenzioni dai tempi del muto, insieme al campo-controcampo, ai raccordi di continuità e alla soggettiva, rimane, comunque, sempre un capitolo aperto per quanto riguarda la sua distinzione dal montaggio parallelo e i suoi utilizzi innovativi. Da elemento che ha permesso la creazione di uno spazio diegetico circolare e che ha quindi emancipato l’arte cinematografica da quella teatrale , a convenzione di straordinaria efficacia narrativa che ritroviamo ancora oggi in ogni sequenza d’inseguimento, ad elemento cardine per creare suspense e sorpresa, ad ancora strumento per giochi narrativi spazio-temporali fino a figura a cui alludere, la sua funzionalità rimane sempre un qualcosa da esplorare, come per ogni nobile tecnica artistica. Dopotutto è al servizio di un codice di cui Jean-Luc Godard, una sera del 1988 alla FEMIS ebbe a dire: «il montaggio – l’arte specifica del cinema, malgrado le numerose ricerche compiute all’epoca del muto – non è ancora stato trovato, è come una pianta mai uscita dalla terra…»

 

SCHEDA DEL FILM: STRANGERS ON TRAIN (versione finale).

Titolo originale: Strangers on Train.
Titolo versione italiana: Delitto per delitto o L’altro uomo.
Origine: U.S.A.
Anno: 1951.
Regia: Alfred Hitchcock.
Soggetto: tratto dall’omonimo racconto di Patricia Highsmith.
Sceneggiatura: Raymond Chandler e Czenzi Ormonde; adattato da Whitfield Cook.
Fotografia: Robert Burks (A.S.C.).
Art Director: Edward S. Haworth.
Scenografia: Gorge James Hopkins.
Costumi: Leah Rhodes.
Montaggio: William Ziegler.
Musiche: originali di Dimitri Tiomkin, dirette da Ray Heindorf.
Interpreti: Farley Granger (Guy Haines), Ruth Roman (Anne Morton), Robert Walker (Bruno Anthony), Leo G. Carrol (Sig. Morton), Laura Elliot (Miriam Haines), Patricia Hitchcock (Barbara Morton), Marion Lorne, Jonathan Hale, , Howard St. John, John Brown, Norma Varden, Robert Gist.
Produzione: Warner Bros. Picture.
Produttore associato: Barbara Keon.
Durata: 96’.
Formato: b/n 35mm.
Distribuzione: Warner Bros. Enterteinment.

Sinossi: Uno psicopatico, Bruno, avvicina in treno il campione di tennis Guy Haines e propone uno sconcertante scambio: gli ucciderà la moglie Miriam, che intralcia la relazione di Guy con Anne, se lui eliminerà il suo odiato padre.

Nota: la versione italiana ha la celebre voce fuori campo doppiata del regista, che non c’è nelle altre versioni e che recita durante il sintagma alternato iniziale tali parole:
«Questa è una qualunque stazione ferroviaria in una città qualunque, in un giorno qualunque. Arriva un taxi, ne discende un uomo che, paga e si dirige verso i treni. Quasi contemporaneamente quest’altro uomo fa la stessa cosa. Niente di originale direte voi, eppure quali impulsi misteriosi guidano i passi di questi due sconosciuti? Quale imperscrutabile volontà superiore avvia queste persone lo stesso giorno, verso la stessa banchina e sullo stesso treno? I loro destini resteranno divisi e paralleli come queste rotaie o si intrecceranno come questo groviglio di scambi? Se avrete un po’ di pazienza lo saprete subito. Io vi lascio devo dare qualche consiglio al macchinista, non vorrei che scambiasse scambi. Buonasera.»

SCHEDA DEL FILM: SLIDING DOORS.

Titolo originale: Sliding Doors.
Titolo versione italiana: Sliding Doors.
Origine: Gran Bretagna – U.S.A.
Anno: 1998.
Regia: Peter Howitt.
Soggetto e sceneggiatura: Peter Howitt.
Fotografia: Remi Adefarasin (B.S.C.).
Scenografia: Maria Djurkovic.
Costumi: Jill Taylor.
Montaggio: John Smith.
Musica: David Hirschfelder; musiche da: Blair, Elthon John, Aqua, Jamiroquai, Brand New Heavies, Dido, Aimee Mann, Those Magnificient Men, Peach Union, Abra Moore, Dodgy, Space Monkeys, Olive, Patty Larkin.
Casting: Michelle Guish.
Interpreti: Gwyneth Paltrow (Helen), John Lynch (Gerry), John Hannah (James), Jeanne Tripplehorn (Lydia), Zara Turner (Anna), Douglas McFerran (Russell), Paul Brightwell (Clive), Nina Young, Virginia McKenna, Kevin McNelly.
Produzione: Sliding Doors Production LTD.
Produttori: Sidney Pollack, Philippa Braithwate e William Horberg.
Produttore associato: Sandy Poustie.
Co-produttore: David Wisnievitz.
Produttori esecutivi: Guy East e Nigel Sinclair.
Assistente alla regia: Richard Whelan.
Durata: 105’.
Formato: 35mm.
Distribuzione: Miramax, Paramount Picture e Intermedia Films.

Sinossi: Licenziata pretestuosamente, Helen torna a casa. Mentre corre per prendere il metrò, l’azione si sdoppia e procede in parallelo: in una storia scopre da subito il tradimento del fidanzato con un’altra donna ed ha una conclusione triste; nella seconda lo scopre solo alla fine, ma si conclude bene.


BIBLIOGRAFIA

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Sul concetto di modernità nel cinema cfr. Enciclopedia del cinema, cit., ad vocem.

Cfr. Ambrosini, Cardone, Cuccu, Introduzione al linguaggio cinematografico, cit., pp. 101-105.

Il montaggio classico prevede una rigido posizionamento della m.d.p da una parte di una linea immaginaria che solitamente unisce gli sguardi degli attori; tra un’inq. e l’altra non si può avere una distanza angolare maggiore di 180°. Posizionare una m.d.p. oltre tale linea significa valicare l’asse dell’azione e creare un senso di sfasamento della percezione spaziale, chiamato scavalcamento di campo, questo è avvertito dallo spettatore come una perdita dei riferimenti spaziali.

  Cfr. G. Rondolino e D. Tomasi, Manuale del film, cit., pp. 156-159.

Ibid.; si pensi al momento in cui alla voce del prete che chiede a Michael se rinuncia a Satana si stacca sulle immagini delle esecuzioni per tornare a Michael che dice: “Rinuncio”. Il valore semantico di tale montaggio è fondamentale, è sta sicuramente in una critica della convivenza tra violenza e religiosità.

Trattasi di un fatto di cronaca realmente accaduto.

Cfr. Elena Dagrada, La rappresentazione dello sguardo nel cinema delle origini in Europa: nascita della soggettiva, cit., pp 60-64 e 101-103.

In D. Villain, Il montaggio al cinema, cit., p. 9.

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