L'INTERVISTA a CHRISTIAN CARMOSINO di Michelangelo Gregori

Quando ti capita di girovagare su internet nell'ambito del cinema, ti imbatti in una moltitudine di persone, un pò come andare in una grande piazza e fare la fila per un gelato nella migliore cremeria… a volte ti senti chiamare dicendo “Ehi ciao, a me hanno distribuito un cortometraggio… sono…” e la prima cosa che ti viene in mente è fare due risate, ma ci sono momenti in cui ti trovi di fronte ad un autore e senti il bisogno, molto affine al tuo, di farlo parlare e così lo contatti e gli domandi, certamente, tutte le cose alle quali ti piacerebbe rispondere e vedendo quali sono poi queste, ti accorgi di essere un po' meno solo nel lavoro che stai portando avanti con devozione e senza meriti (e meno male...).
Nasce così questa intervista a Christian Carmosino .

Michelangelo domanda: Cosa significa essere un autore di cortometraggi in Italia?
Christian risponde: Verrebbe da dire “significa essere poveri”, che è abbastanza il mio caso, ma poi a ben vedere non è così, perché in Italia gli autori di corti sono per la maggiore ragazzi annoiati, abbastanza benestanti che pensano che fare un film sia una cosa facile. Tuttavia vuol dire anche appartenere ad un mondo sovrappopolato di giovani che sgomitano per ritagliarsi un po' di notorietà con la speranza-convinzione che un giorno si passerà a fare lungometraggi e sarà tutta un'altra cosa…
D: Per te che hai parlato dei corti, da critico, hai organizzato manifestazioni, e hai fatto il regista, cosa significa vivere in questo mondo?
R: In parte ho già risposto prima, potrei aggiungere che per me è uno stimolo e una missione. Da una parte credo che il mondo del corto, forse proprio perché dimenticato dal sistema produttivo/distributivo, abbia in seno una vitalità notevole e sia ancora piuttosto “libero”, dall'altra significa difendere un modo di fare cinema, cioè di fare arte e di guardare al mondo, diverso.
D: Quale e quanto riscontro di pubblico hai avuto?
R: I miei amici e qualche lusinghiero apprezzamento dagli spettatori dei festival nei quali il corto ha avuto la fortuna di partecipare. Sicuramente il pubblico più emozionante è stato quello dei bagnanti di Capocotta quando il film fu proiettato sulla spiaggia un anno dopo la sua realizzazione.
D: Perché secondo te, il cinema digitale è considerato di serie B?
R: Chi lo considera di serie B? Credo che la considerazione nei confronti del digitale stia rapidamente mutando. Dapprima era forse ritenuta una forma di ripresa inferiore, proprio per i suoi limiti tecnici. Oggi che questi limiti vanno scomparendo, i vantaggi del digitale, usato nel modo giusto e quando è necessario ai fini della narrazione, sono notevoli e forieri di nuovi impieghi. Usare il digitale non significa a mio parere sostituire la pellicola con un sistema di registrazione più economico, anche se non si può sottovalutare questo aspetto, significa prima di tutto valorizzare il mezzo di ripresa e la tecnica perché esse sono già significanti, ancor prima di essere messe in relazioni all'oggetto della “narrazione”. In poche parole credo che certi film si debbano ancora girare in pellicola, mentre altri non possono che essere girati in digitale. Il mio film fa parte della seconda categoria, che non è di serie B, ma di serie D come digitale, mentre i film in pellicola sono di serie P. E' la qualità del film a fare la differenza, non il supporto utilizzato.
D: Produzione e distribuzione, due dilemmi, cosa ne pensi a riguardo?
R: La produzione è quasi assente, dunque mi riesce difficile parlarne. Gli unici miei contatti sono stati con produttori che o si mostravano completamente disinteressati, oppure mostravano un interesse poco convinto o comunque l'impressione che ti facessero l'elemosina mi ha talmente amareggiato che ho deciso di conservare la mia dignità e spendere tutti i miei soldi senza fare trafile umilianti.
D: Un corto per un autore, un punto di arrivo o punto di partenza?
R: Un punto di partenza perché il corto è alla portata di ogni autore che voglia sperimentare e imparare la “macchina cinema”, ma mi piacerebbe che fosse per molti anche un punto di arrivo. Cioè che si inizi a fare i corti con la convinzione che si tratti di un modo di fare cinema specifico, diverso dal lungometraggio. Voglio dire che mi dà fastidio che se in letteratura ci sono dei poeti che scrivono solo poesie, vengono considerati poeti anche se non scrivono romanzi e nel cinema per essere un regista devi fare un lungo perché col corto sei solo “uno che ci prova”. Sogno un mondo dove un giorno tutti faranno corti (e si arricchiranno facendoli) e quelli che fanno lunghi saranno considerati dei poveri pazzi. Mi lasciate questa utopia?
D: Il cortometraggio prende sempre più piede, e d'altra parte anche i festival annessi…come scegliere?
R: Scegliere i festival che rispettano la tua opera. Che la proiettano nelle migliori condizioni, che non fanno della proiezione del tuo film un evento mondano, ma un momento di scambio culturale e celebrazione della visione come momento conclusivo e non secondario della creazione filmica.
D: Quanto e come il cinema influisce sulla vita di tutti i giorni?
R: Nella vita di tutti come l'arte in generale, cioè tantissimo. Senza arte non ci sarebbe vita, dunque non credo che si possa quantificare detta influenza.
D: Il cinema per te…
R: Non ho frasi ad effetto da citare, anzi una mi viene, è di Truffaut: “Avere un'idea sul cinema significa avere un'idea sulla vita”. E' in qualche modo come dire che avere delle idee significa e testimonia la vita, il cinema è strumento per rappresentare la vita, dunque strumento per “esserci” nel mondo e lasciare il proprio segno.
D: Cosa chiedi e cosa dai al mondo del cinema?
R: Chiedo rigore, onestà e sincerità. Io nel mio piccolo cerco di mettercele, ma mi rendo conto che il cinema è soprattutto business, dunque queste qualità non sempre emergono come vincenti. I grandi artisti però sono proprio quelli che hanno queste tre qualità.
D: (mi diceva Gregoretti) il cinema non la tua passione, ma la tua ossessione: sei d'accordo?
R: Gregoretti mi piace molto, ha detto tante cose sensate. Comprese frasi celebri in occasioni di battaglie a favore dei corti e dei film che non hanno distribuzione. Per me importante la sua provocazione sui “non film”, cioè quelle opere che non essendo distribuite non possono dirsi tali in quanto senza il fruitore l'opera perde di senso. Mi sembra che sia un ragionamento interessante, che dovrebbe stimolare soprattutto chi legifera e chi gestisce il “sistema cinema” nel nostro paese.
D: La nuova legge del cinema: in due parole (magari fosse possibile senza imprecazioni)
R: Ingiusta, iniqua, assurda, inutile. Rimuove un vecchio sistema che era completamente corrotto, inquinato da clientelismo e disonestà, ma era pur sempre giusto nei principi, proponendo un sistema che forse funzionerà meglio (chissà?), ma senz'altro non aiuterà gli autori, ma solo e sempre quei tre o quattro produttori che non hanno bisogno dei soldi dello stato. Verranno dei tempi per chi vuol far cinema indipendente e di qualità.
D: Il mondo del cortometraggio come arte, lo racchiudo in due 4 frasi celebri: L'arte sta nella brevità (Dostoevskij), La brevità è l'anima della saggezza (Shakespeare), L'artista può esprimere tutto e L'arte è completamente inutile (Oscar Wilde). Cosa ne pensi?
R: Io dico solo che il cortometraggio è un'altra forma linguistica rispetto al lungo. Autonoma, né migliore, né peggiore. Fare un buon film è fare un buon film, non importa se lungo o breve. E' la qualità che conta, non la quantità.
D: Come è nata la tua vocazione per il cinema?
R: Grazie a mio padre che mi costringeva a registrare in TV i film che lui preferiva. Accadde quando ero appena adolescente, in due o tre anni videoregistrai diverse centinaia di film, che naturalmente non riuscii ad ignorare, in quanto occupavano un'intera parete della mia stanza. Poi sono successe molte altre cose…
D: I punti di arrivo e i punti di partenza?
R: Di cosa? Se intendi del mio amore per il cinema, la partenza l'ho citata sopra, l'arrivo è ancora lontano. Diciamo che continuo ad imparare e non vorrei mai smettere di farlo.
D: I tuoi progetti per il futuro?
R: Terminare il montaggio di un corto girato lo scorso maggio 2003 (dunque esattamente un anno fa) che per motivi di denaro e di tempo è ancora fermo. Girare un centinaio di film che ho in testa, avere un bambino con la mia compagna.

Ringraziando Christian Carmosino, mi viene in mente che forse soltanto chi non è ancor categorizzato al business riesce ad esprime concetti sensati e sentiti…un po' come dire che possiamo leggere un libro in un solo giorno ma non riusciremmo a scriverlo nello stesso lasso di tempo, eppure la durata delle parole è la stessa…misteri della vita e del cinema!!!

Michelangelo Gregori

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