INTERVISTA ad ISABELLA PANERO di Michelangelo Gregori

”Più va avanti il tempo e più, tutta questa storia ci coinvolge in pieno, perché c'è gente che viene coinvolta alla stessa maniera, non è una questione di età, ci sono persone di qualsiasi età e questo dà più senso alla storia, alla nostra storia, che poi è la storia delle persone che camminano e vivono”…diceva così nel 1992 prima di iniziare a cantare IO VAGABONDO, Augusto Daolio (lo trovate nell'album MA CHE FILM LA VITA, guarda un po' il caso…), ed è questo che mi è balzato alla mente, neanche io so poi il perché, quando sentivo le risposte di Isabella Panero, facendo le mie domande, sempre le stesse, che spero però creino discordanze nell'interpretazione dei vari interlocutori, così da creare un qualcosa di coerente alla fine…

* Cosa significa essere un autore di cortometraggi in Italia?

Iniziamo dalla domanda più difficile! Cosa significa fare un mestiere che rende liberi? Significa pensare, scrivere e poi materializzare il pensiero in immagini. Significa voler dire qualcosa e cercare di farlo ascoltare e vedere anche ad altri. Ma significa anche cercare di essere universali, nei limiti del possibile, per uscire dalle nostre città, dal nostro paese, dalle nostre piccole realtà. Significa, insomma, cercare di parlare di quello che conosciamo e conoscere quello che ci è ignoto. In Italia come altrove.

* La rete per la conoscenza globale e i siti come strumento di comunicazione e dialogo, quanto può influire tutto questo in una distribuzione parziale?

Molto, moltissimo, secondo me. Sarà forse un luogo comune, ormai, ma devo dire che su internet si trovano realtà davvero interessanti, anche se purtroppo troppo spesso affiancate da siti imbarazzanti, come quello del Maurizio Costanzo Show che ho visto, per caso, poco tempo fa, e che non si accontenta più di monopolizzare le menti degli italiani attraverso i “suoi” canali ormai privati e di un livello qualitativo direi discutibile, ma peggiora la sua immagine inserendo in home page gli onnipresenti banner con le “donnine”, come diciamo noi, nonostante continui a professarsi un promotore di cultura.

* Per fortuna, il web è popolato anche di iniziative di notevole livello estetico e culturale, nonché informativo.

Anche io lavoro “nella rete” da diverso tempo. Dal 2000 pubblico su Internet, sia all'interno di Produzioni a Rischio, vetrina indipendente per le arti di cui curo la direzione artistica, sia su altri siti.

Un paio di anni fa sono entrata a far parte di un progetto che, ideato e realizzato già nel 1999 da Federico Panero (mio fratello, ndr ), mi ha coinvolto nella gestione di un Network di siti web dedicati alla pubblicazione di opere in video di tutte le discipline artistiche: dalla musica ai film e video, dalla fotografia alla pittura, dalla danza al teatro e a tanti altri generi di eventi culturali e artistici. Il Network, di carattere indipendente, è visitabile all'indirizzo www.digichannel.net E' direttamente curato da noi e la sua forza è, secondo me, proprio nel suo essere indipendente, perché il web vive in quanto fonte inesauribile di innovazione e sviluppo di progetti veramente alternativi a quello che offrono i canali usuali.

Il nostro intento è proprio quello di creare una sorta di distribuzione parallela e aggiuntiva, più che parziale, per le opere e gli artisti che non vogliono o non possono farsi conoscere attraverso le distribuzioni tradizionali.

E poi, è proprio per il web che ho iniziato a lavorare con Federico prima e poi con Paolo Favati, unendo le nostre capacità per creare un risultato più completo possibile. E' tramite internet che ho conosciuto persone importanti per il mio lavoro, è tramite la rete che ho ritrovato persone importanti nella mia vita. E quindi, insomma, ci sono affezionata. Posso dirlo? Sì, io lo dico: Evviva Internet!

* Quale e quanto riscontro di pubblico hai avuto?

Con i cortometraggi ai festival ho avuto una discreta risposta, con la mostra multimediale FILI la risposta è stata maggiore. Ma, riprendendo il discorso della distribuzione sul web, devo riconoscere che il maggior riscontro l'ho avuto proprio attraverso la rete. Dal mio sito personale, a quello del MultiStudio Media, ai portali del DigiChannel, tutti questi spazi web danno la possibilità a molti di vedere il mio lavoro e, se gli va, di scrivermi. Talvolta ho l'impressione di trovare più apprezzamento e proposte di collaborazione nella rete che nel mondo reale, anche per la velocità di comunicazione che si misura per kbts.

* Perché secondo te, il cinema digitale è considerato di serie B?

Anche io considero il cinema digitale di seconda serie. Ma soltanto quando vive di luce riflessa e diventa tentativo di raggiungere qualcos'altro. La bellezza della pellicola, la sua espressività, quella magia che dona alle immagini sono ineguagliabili, soprattutto se paragonate al digitale.
Penso che il modo migliore per sfruttare le potenzialità del mezzo che usiamo sia ripulirsi gli occhi da tutto il cinema e la televisione che vediamo e cercare soltanto di sapere a cosa stiamo pensando, noi. Vorrei che il digitale fosse il mezzo della libertà creativa, vorrei che fosse rispettato come scelta estranea ma co-influente rispetto al cinema; vorrei che si distanziasse totalmente dalla televisione. Vorrei, insomma, che sapesse conquistarsi dignità linguistica propria e che si prendesse, davvero, il suo bel posto in serie A.

* Produzione e distribuzione, due dilemmi, cosa ne pensi a riguardo?

Per quanto riguarda la produzione, anche se è una realtà che non conosco da vicino, perché io produco indipendente e fuori dal giro, devo dire che non sono molto contenta. Dal punto di vista di spettatrice, posso dire che non mi sembra che i produttori italiani siano validi talent scout per quanto riguarda sceneggiature e registi. Mi sembra che i film italiani ruotino da troppo tempo intorno a una manciata di soggetti e atmosfere che hanno la tendenza a replicarsi. Stessi personaggi, stessi ambienti, stesse problematiche: e questo mi fa tristemente pensare che anche i film siano diventati gadgets da vendere ai ragazzini, come già certa musica, moda e letteratura. Mi pare di capire che non ci sia un grande interesse per la novità, per qualcosa di diverso dal solito disagio giovanile, dal film generazionale, dalla commedia romantica. E se qualcosa c'è o c'è stato, ha sempre portato con se' i segni dell'evidente emulazione nei confronti del cinema americano o comunque straniero.

Il documentario, per esempio, rimane un settore sul quale non si investe abbastanza in Italia. Il semplice fatto che io abbia lavorato in USA invece che in Toscana ad un documentario sulla Torre di Pisa dimostra la sterilità di alcune strutture che non valorizzano la strada delle produzioni e della distribuzione di lavori di questo tipo.

Riguardo alla distribuzione, il mio pensiero non si discosta molto da quello che ho appena affermato. I canali ufficiali sono riservati alle produzioni ufficiali, ma ci sono molte realtà, nuove o consolidate, che creano spazi distributivi alternativi e che offrono, secondo me, ottime possibilità di vedere o sentire cose veramente interessanti. Forse i produttori e i distributori dovrebbero frequentare un po' di più il web, per renderesi conto di quanto ci sia, in giro per il mondo, con un valore artistico notevole, degno di essere conosciuto da un pubblico più vasto.

* IL TORMENTONE: un corto per un autore, un punto di arrivo o punto di partenza?

Il corto è, oggi ancor di più, un punto di arrivo, se lo finisci e riesci a distribuirlo. Ormai il cortometraggio ha una sua dignità artistica, ha un suo linguaggio che si distanzia da quello prettamente cinematografico. Rifacendomi alle considerazioni sul digitale, ritengo che un corto debba parlare il suo linguaggio, che è per sua natura breve e che quindi lascia molto spazio all'innovazione, all'uso della fantasia, all'intuizione nonché alla sperimentazione. Mi piace il cortometraggio puro, che non vuole essere un film corto perché non c'erano i soldi per farlo di un'ora e mezzo, ma che sa dirmi in poco tempo qualcosa - qualsiasi cosa - anche se vorrei bloccare, in qualche modo, l'inflazione del corto umoristico. Non è mica detto che per essere corti bisogna essere per forza divertenti!

* Il cortometraggio prende sempre più piede, e d'altra parte anche i festival annessi…come scegliere?

Dramma per chi comincia: il festival giusto! All'inizio io ho speso una fortuna per spedire i miei lavori a tutti i festival… e non ce n'erano neanche tanti come ora! Adesso so come scegliere, e scelgo. Scelgo non soltanto il festival che mi interessa ma anche se mandare un'opera oppure no. Non tutti i lavori sono adatti ai festival, non tutti i festival sono adatti ai propri lavori. Scelgo sicuramente i festival che non chiedono una fortuna soltanto per vedere e selezionare i miei video: non ne capisco il senso. Noi, per selezionare i lavori da pubblicare sul nostro Network non chiediamo mica soldi! I soldi te li chiedo se davvero faccio qualcosa per te, cioè mostro il tuo video sui miei canali. Oppure, nel caso sia disposta a pagare, scelgo un festival con le palle! Torino, il Sundance, Fano, Bellaria, New York, Rotterdam, ad esempio, chiedono somme anche notevoli per l'iscrizione, ma sono sicura che se hai un buon lavoro avrai anche la possibilità di mostrarlo a qualche persona interessante.

* Quanto e come il cinema influisce sulla vita di tutti i giorni?

Tu parli di cinema, io parlo di immagini. L'immagine, le immagini, sono la parte predominante della mia vita di tutti i giorni. Non so per chi non fa questo mestiere, non saprei dirti… forse più che il cinema, per molti, ciò che influisce di più sulla vita di tutti i giorni è la televisione. Certo, anche il cinema è veicolo di mode, modi di dire, traduzioni linguistiche che entrano nei nostri vocabolari. Purtroppo, mi rendo sempre più conto che non solo la televisione ma anche il video, il cinema e le arti visive in genere vanno di pari passo con la vita reale: più si usano le immagini solo come mezzo di intrattenimento, più nella vita di tutti i giorni il valore preponderante tende ad essere forzatamente l'intrattenimento. Da tempo ho smesso di frequentare le sale cinematografiche, se non come proiezionista, anche per questo fatto.

Io lavoro con le immagini, anzi, ci vivo! In fondo, il mio mestiere consiste spesso nel rubare pezzi di realtà altrui per restituirli a molte più persone. Per me le immagini sono il pane quotidiano anche perché lavoro con le persone che mi sono più vicine: Paolo Favati, con cui condivido vita e progetti e dal quale ho avuto la fortuna di imparare tantissimo in un confronto continuamente stimolante, e Federico, con cui ci siamo ritrovati dopo tanti anni passati lontani, tra New York e l'Italia e milioni di esperienze diverse che si sono poi potute incrociare… insomma, pare che stiamo tornando all'azienda di famiglia!

* Il cinema per te…

Un'alternativa a questa realtà.

* Cosa chiedi e cosa dai al mondo del cinema?

Do tutto quello che sono… chiedo solo di poterlo fare.

* (mi diceva Gregoretti) il cinema non la tua passione, ma la tua ossessione: sei d'accordo?

Pienamente. Ora è anche il mio mestiere ma l'ossessione è rimasta lì.

* La nuova legge del cinema: in due parole (magari fosse possibile senza imprecazioni)

Ne userò sei. La legge è uguale per tutti.

* Il mondo del cortometraggio come arte, lo racchiudo in 4 frasi celebri: L'ARTE STA NELLA BREVITA' (Dostoevskij), LA BREVITA' E' L'ANIMA DELLA SAGGEZZA (Shakespeare), L'ARTISTA PUO ESPRIMERE TUTTO e L'ARTE E' COMPLETAMENTE INUTILE (Wilde) cosa ne pensi?

Partendo dal presupposto di Wilde che l'arte è completamente inutile, si può certamente anche affermare che l'artista può esprimere tutto. Altrimenti, che gusto c'è? Non credo, comunque, che l'arte sia nella brevità come non credo che stia nel grande formato e nemmeno nell'alta qualità, parametri che mi pare guidino quasi inderogabilmente la creazione artistica attuale; credo che l'arte, per sua natura, sia e quindi debba rimanere libera, nel senso più ampio del termine. Corta o lunga, piccola o grande, non credo ci siano degli standard che possano discriminare cosa è arte e cosa no, perché sono appunto degli standard. Ma l'arte non nasce da parametri standardizzati e, se lo fa, è per poter andare oltre. Quindi, se il cortometraggio è arte - e spesso lo è – deve rispondere alle stesse esigenze delle altre arti. Cioè non avere standard.

* Come è nata la tua vocazione per il cinema?

Da una crisi personale. Un momento in cui mi ero persa e mi sono ritrovata in un corso per videomakers. Poi all'Università a studiare Storia e Critica del Cinema. Poi fino in America. In quel periodo ho incontrato persone importanti, che sono in qualche modo ancora presenti nella mia vita e con le quali è nato un legame che penso sia indissolubile, ormai. Un legame con la nostra passione, anzi “ossessione” comune. Adesso collaboro spesso fianco a fianco con un bravissimo professionista, colui che mi ha spinto a fare il primo passo verso quella che tu chiami “vocazione”, il direttore della fotografia Roberto Galassini. La passione, invece, si è sviluppata piano piano nel tempo attraverso lo scambio continuo con Franco Marino che, oltre ad essere il mio migliore amico, è sempre stato il mio “specchio” nella ricerca costante di una crescita artistica. Scusa se ne approfitto, ma vorrei salutare anche Piero e Sandro che sono a Roma a “fare danni” nel cinema e nel teatro!

* I punti di arrivo e i punti di partenza?

Punti di partenza? Avevo 22 anni. Adesso ne ho 32 e non credo – e lo spero – che ci siano mai punti di arrivo.

* I tuoi progetti per il futuro?

Inizio dal raccontarti il mio ultimo grande progetto, che li racchiude un po' tutti: il MultiStudio Media, piccolo ed indipendente gruppo di produzione video, musicale e per il web che ho costituito con Paolo Favati e Federico, entrambi produttori e musicisti, a settembre 2003. Lavoravamo già insieme, lo abbiamo fatto nella musica e nel video. Ma stavolta ci siamo uniti per curare anche nuovi progetti. Per esempio, adesso stiamo seguendo un gruppo rock italiano, gli Estella , che sono una bomba! Proprio in questi giorni sto inoltre ultimando il montaggio di un videoclip per i Metal Music Machine , una band elettronica di Treviso, che abbiamo coprodotto insieme alla loro etichetta, la KodeMusik; stiamo portando avanti il DigiNetwork con molte collaborazioni interessanti. E, ultimo, ma non in ordine di importanza, stiamo curando la pre-produzione per un MultiSpettacolo di mia ideazione e per un lungometraggio di un insolito ed incredibile autore, Cesare Furesi: un disabile-ma non troppo che ha scritto una sceneggiatura da un suo libro, che consiglio a tutti ( Che culo! Ho trovato posteggio , Croma edizioni). Chissà se troveremo mai un produttore disposto a credere a una giovane regista e a un disabile… comunque sia, noi ci lavoriamo e andiamo avanti. Perché quello che veramente conta, secondo me, è avere buoni progetti ai quali credere fino in fondo. Il modo di realizzarli, alla fine, si può sempre trovare.

Penso di poter concludere brevemente come avevo iniziato, citando W.R. BURNET ne “LA VEDOVA INCENDIARIA” “…era a mezza strada verso la vetta quando udì i primi spari, si fermò e guardò in giro, ma non vide nulla, perciò salì più in alto…” Questo intramezzato fra le righe, più il mio Ringraziamento per il tempo concessomi e un INBOCCAALLUPO ad Isabella Panero che gentilmente ci ha raccontato qualcosa di se e del cinema ed ora…

  MICHELANGELO GREGORI

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