SUL SET DI OLMI - INTERVISTA di Cesare Balbo de L'ESPRESSO

Il regista de "Il Mestiere delle Armi" impegnato nelle riprese del nuovo lavoro, "Cento Chiodi", girato tra Bologna, gli argini del Po e il mantovano. L'intervista esclusiva di Cesare Balbo

Sul set di OLMI - da L'Espresso
L'accoglienza sul set di San Giacomo Po (in provincia di Mantova) dove Ermanno Olmi sta girando il suo nuovo lavoro Cento chiodi , richiama un altro film del maestro "Lunga vita alla Signora!". Seduti a tavola col maestro e col protagonista Raz Degan, (centrato sulla sedia in posizione yoga con barba da asceta) per dialogare, in forma conviviale, su come liberarsi dai cliché.
Sono proprio gli stereotipi a ricorrere nel film, giunto ormai al giro di boa delle previste otto settimane di riprese. Olmi continua a interrogarsi e a farci riflettere su come trovare senso di questi tempi, agitati da diffusa incertezza. Poiché è poco incline a far uso di un copione chiuso, glissiamo sulla trama tuttora in progress, come il titolo. Il film in uscita agli inizi del prossimo anno, ha per protagonista un giovane professore che si "schioda" dallo status sociale e approda in riva al Po dove intreccia intese e rapporti con abitanti del posto, tra cui la Zelinda (Bendandi), da pronunciarsi con zeta sibilante, come divertito scandisce il regista.

E' vero che come altri grandi registi preferisce lavorare con un copione aperto, scritto giorno per giorno quasi in tempo reale?
Per me l'ideale sarebbe ritornare alla creatività della commedia dell'arte, all'uso del canovaccio che cambiava a seconda delle circostanze e delle situazioni che si determinavano sul palcoscenico, anche in rapporto all'umore degli attori e del pubblico. Le battute da recitare si trovano e provano solo qualche istante prima di girare una scena. Le volte che dico stop mi spiace di aver fermato definitivamente e immobilizzato un istante di vita in un fotogramma. Il film tradisce sempre la vita che come l'acqua è sempre in movimento. Tuttavia un'idea su come andrà a finire dovrei già averla.

Nel '90 ha girato il documentario "Lungo il fiume" che raccontava approfonditamente la trasformazione del Po. C'è qualche elemento di continuità tra Cento Chiodi e il precedente lavoro?
Esiste eccome. A livello simbolico varcare gli argini, che un fiume ha rispetto al mare, equivale a varcare una linea di confine e andare verso uno sbocco. Insomma è come andare incontro al mare della vita. Ma per lasciarsi dietro la zavorra bisogna prima individuare quel che non va".

E i chiodi del titolo alludono alla possibilità di fissare quel che non va?
Certo perché aiuta a immobilizzare qualcosa che ti impedisce di vivere e ti boicotta. I chiodi servono al protagonista per inchiodare e neutralizzare il passato. Una sorta di opposizione e ribellione a ciò che ti è ostile.

Che cosa spinge il professore del film interpretato da Degan ad appendere al chiodo un ruolo e una a parte di se' che non sente più suoi?
Non è qualcosa di preciso, è un inappagamento indefinito , un malessere inafferrabile. Se a Tien An Men i giovani individuavano nei carri armati ostili il nemico da sconfiggere, Raz non sa qual è il nemico, sa solo che per rinascere deve rompere gli argini.

Maestro come è avvenuta la scelta di Degan come protagonista del film?
Devo dire che per farlo non mi sono fatto condizionare, è necessario respingere i condizionamenti che non sono mai una scusante, da un certa immagine mediatica precostituita: cambiare parere è spesso una conquista soprattutto per se stessi. Così quando si è presentato al provino sono andato oltre un certo cliché, ed ho notato un altro Degan dallo sguardo profondo, di chi guarda perché è consapevole di esistere. Inoltre Raz era adatto al ruolo principale perché prima del film ha fatto lo stesso percorso di formazione del protagonista , maturando la consapevolezza della ricerca nonostante le insidie della notorietà e del successo.

Il "professorino" (come lo definisce Degan) che dalla città va a vivere in un rudere in riva al fiume ricorda un altro suo film-documentario "Il tempo si è fermato"(1959) dove si racconta lo stile di vita silenzioso di un vecchio guardiano di una diga d'alta montagna. E' dunque più importante stare a contatto con la natura che con i libri?
La saggezza della natura deriva dalla sua presenza e dal sentirla vicina senza che si dia delle arie. Mai come adesso l'uomo deve tornare a interloquire con la natura ma con la consapevolezza dell'uomo di oggi, non certo con un approccio ingenuo. Tuttavia nell'età della tecnica è importane fare della scienza un uso più consapevole, che si ottiene solo quando la conoscenza capisce il valore della vita. Devo dire che sono disincantato e disilluso sulla funzione dei libri perché nonostante tutto non ci hanno preservato ed evitato di commettere certi sbagli. Compie un gesto di liberazione il professore, prima di andar via dalla città, conficcando chiodi nei libri della sua biblioteca.

Dopo i suoi ultimi film storici lei torna a muoversi nella contemporaneità tra le vicende della quotidianità. Che differenza c'è a fare un film sull'oggi senza la mediazione e la distanza del passato?
Ne "Il Mestiere delle armi" c'era una evocazione del passato per una denuncia sempre attuale sulla minaccia degli strumenti bellici. Si può dire che il sedicesimo secolo italiano del condottiero Joanni de' Medici, colpito a morte da un colpo di bombarda di grande gittata, evocativamente bussava al presente. Il diciottesimo secolo cinese di "Cantando dietro ai paraventi" è un passato divenuto leggenda attraverso la parabola della vedova Ching, che, al comando di un flotta corsara, si ribella all'imperatore. Con "Cento chiodi" il presente bussa al presente per rammentarci di scegliere da che parte stare. E' una scelta morale che coincide col giudizio che oggi diamo di noi stessi.

da: http://www.espressonline.it/eol/free/jsp/detail.jsp?m1s=null&m2s=c&idCategory=4797&idContent=986801

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