Concezioni dell’attore
di
Laura Peja


Se in generale l'attore è colui che sostiene una parte, che interpreta un personaggio, è però vero che in pratica questo può avvenire in in modi molto diversi: l’attore può ad esempio cercare di comunicare la psicologia e l'emotività del suo personaggio, o eseguire una partitura gestuale e vocale rigidamente codificata, senza alcun interesse di tipo psicologico per un carattere (come avviene nel teatro Nô, ad esempio).

Dunque, al di là di quello che accomuna tutte le esperienze teatrali e le rende tali -e cioè la ineliminabile centralità di un attore (costituito da un'unità corpo-mente) che comunica con uno spettatore, attraverso un testo (fatto di parole, suoni, rumori, azioni, gesti e movimenti, oppure solo di alcune di queste componenti) nel «come se» della scena- esistono (e sono esistiti) diversi tipi di teatro e di teorie e prassi sceniche che propongono e presuppongono diversi modi di concepire l'attore.

Un'utile schematizzazione proposta da Tessari (Alonge-Tessari 1996, pp. 30-34) immagina un quadrilatero al cui interno l'attore può definirsi spostandosi verso l’uno o l’altro dei quattro vertici dove si collocano idealmente i quattro “modelli” fondamentali dell’attore come

1) interprete d’una parte-personaggio: attore capace di immedesimarsi con tutto se stesso nella vita scenica di un personaggio, in accordo armonico con un calibrato concerto di parti, al servizio del testo drammatico

2) esecutore di funzioni segniche, dettate da uno spartito dove l'uomo sia pura cifra "musicale" tra altre note: l’attoresuper-marionettache sa padroneggiare e manovrare ogni componente del proprio io per renderla docile strumento di parvenze, di dinamismi e di eventi scenici non finalizzati a fingere né personaggi convenzionali, né verosimili rapporti tra personaggi

3) autonomo poeta, d'una poesia scenica tutta affidata alle inflessioni della sua presenzialità vocale e gestuale: il “grande attore” come si è definito sulla ottocentesca scena italiana, poeta dell’autonoma creatività del virtuosismo attorco

4) vittima sacrificale d'un rito collettivo: l’"attore santo di Grotowski, colui che non fa spettacolo d’un qualche arsenale tecnico di virtuosismi e di clichés espressivi, ma compie un rito in cui il suo corpo, offrendo esempio di forme d'ascesi al denudarsi d'un intimo vero nascosto, si rende salvifico medium di comunione, nella luce dell'autenticità interiore.



I testi di Laura Peja sono tratti dal sito "Gli elementi del teatro. Attrezzi per capire la scena"
reperibile all'indirizzo: www.piccoloteatro.org/elementi

  Statistiche web e counter web