BACKSTAGE Foto di Francesca Bertolini

La moda, le sfilate, la fotografia della moda, un immaginario ben definito e cristallizzato in una serie di luoghi comuni fatti di fascino, successo, profumo di soldi e bellezza a piene mani. Un immaginario sovraccarico, saturato da una sorta di cortocircuito percettivo: la moda come struttura collettiva di modelli dell'apparire, la sua apparenza, la sua immagine, come diffusione collettiva, pubblicitaria, ma non solo, di modelli, infine di merce che ha la sua ragione ultima nell'essere (per citare Jean Baudrillard) simulacro allo stato puro, simulacro di altri simulacri che vi si specchiano.Questo lavoro fotografico di Francesca Bertolini si colloca, apparentemente, entro questo sistema, ma il senso della sua intensa sequenza sembra proprio quello di desaturare questo immaginario, di entrarvi con un nucleo di riflessione che rileva le pause, i rallentamenti, che dichiara una distanza dal luogo comune. ….
Inaugurazione 3 Dicembre 2005 ore 17:30 - alle 18:30 incontro con l'autrice


La moda, le sfilate, la fotografia della moda, un immaginario ben definito e cristallizzato in una serie di luoghi comuni fatti di fascino, successo, profumo di soldi e bellezza a piene mani. Un immaginario sovraccarico, saturato da una sorta di cortocircuito percettivo: la moda come struttura collettiva di modelli dell'apparire, la sua apparenza, la sua immagine, come diffusione collettiva, pubblicitaria, ma non solo, di modelli, infine di merce che ha la sua ragione ultima nell'essere (per citare Jean Baudrillard) simulacro allo stato puro, simulacro di altri simulacri che vi si specchiano.

Questo lavoro fotografico di Francesca Bertolini si colloca, apparentemente, entro questo sistema, ma il senso della sua intensa sequenza sembra proprio quello di desaturare questo immaginario, di entrarvi con un nucleo di riflessione che rileva le pause, i rallentamenti, che dichiara una distanza dal luogo comune.

Lo spazio temporale individuato dalle foto è in un interstizio particolarmente significativo: dopo il progetto dell'immagine coordinata (l'abbigliamento, gli accessori) e prima della sua uscita pubblica, nella contratta scena della sfilata. Sappiamo della sfilata: un percorso di poche decine di metri dalla scenografia e dall'allestimento sonoro accurati, in cui il montaggio dei gesti, delle soste, la cadenza dei passi svolgono una sintassi audiovisiva, un montaggio delle attrazioni, verrebbe da dire, dalle regole ferree, a cui è sottesa una calcolata, misurata regia, al di là delle attribuzioni di trasgressività ed eccesso che ogni tanto vengono sparse come incenso. Quindi -e questo accade con più evidenza dagli anni Ottanta del Novecento in avanti- il racconto audiovisivo della moda passa attraverso ritmi incalzanti, montaggio spezzato e giocato su contrapposizioni di campo violente, tra dettaglio e figura. Questa è la scena, lo spazio esterno e pubblico.

Francesca Bertolini svolge invece il suo racconto in uno spazio escluso allo sguardo pubblico, quello della preparazione e della composizione dell'immagine complessiva. Può farlo perché collabora lei stessa, professionalmente coinvolta, alla realizzazione della sfilata, e questo spiega in parte perché le sue inquadrature sono visibilmente frutto di una forte complicità tra lei e i soggetti della sua fotografia coinvolti, come lei, in un lavoro collettivo; vi sono però altri motivi, più determinanti. E'bene infatti tenere presente una formazione complessa, una laurea in lettere classiche e poi studi di fotografia che integrano in modo esemplare (purtroppo tanto raro nel nostro Paese) la ricerca storica e teorica e la pratica produttiva: ha curato importanti antologie di scritti di grandi fotografi come Paolo Monti e Alfredo Camisa, ha studiato e praticato réportage, esposto e pubblicato diversi lavori fotografici originali. In particolare due di questi hanno tratti di un certo interesse in relazione al presente lavoro.

In Sotto il prossimo (pubblicato nel 2003, con un testo di Vasco Ascolini) si svolge il racconto in un luogo privo di avvenimenti e tradizionalmente escluso alla presenza femminile: la bottega di un barbiere, luogo assolutamente maschile dove i gesti sono sempre uguali a se stessi e probabilmente anche le chiacchiere, e la fotografa vi si introduce con delicatezza e sguardo avvolgente (da notare la differenza con le scandite sintesi ironiche, di plasticità un po'surrealista di un'altra fotografa reggiana, Laura Sassi, in un lavoro analogo di qualche anno fa) che ruota attorno allo spazio, lambisce oggetti, corpi, dettagli in una ricognizione vivida del luogo, interessante forse anche sociologicamente, ma priva di ogni protervia classificatoria. In Ancora ieri (2004, si avvale di un testo di Massimo Mussini) si muove ancora in un luogo recluso, quello di un convento di religiose, reso come per movimenti di camera attorno ai corridoi, alle luci che filtrano dalle imposte, scivolando poi nello spazio esterno (nel precedente lavoro l'esterno era presente con incisivi suggerimenti, riflessi in uno specchio, la luce abbacinante dall'ingresso a cui si contrappone l'accogliente ombra estiva della bottega) che si articola nelle aule scolastiche e poi nell'aria aperta, animata dal giocare dei bambini.

Un raccontare per immagini, quindi, che sembra partire dall'esplorazione di spazi e tempi appartati, esclusi ad uno sguardo “generico” (se non con le chiavi solite del luogo comune) e partire quindi anche da una sfida sottile: riuscire a legittimare il proprio sguardo che sarà –in un attimo- sguardo collettivo entro confini protetti, e poi risarcire dell'intrusione con una capacità narrativa che faccia giustizia dei luoghi comuni. Trovare nella fotografia, infine, l'occasione di un rapporto umano.

Troviamo poi alcuni luoghi del raccontare che tornano, forse alcuni stilemi che organizzano opposizioni significative: gli specchi che rimandano orientamenti diversi e immagini indirette, mediate, e le immagini doppie, per coppie a volte di falsa simmetria, l'opposizione tra interno ed esterno o l'interno che ricava la sua qualità intima da una tensione percepibile rispetto al “fuori”, l'opposizione palpabile tra silenzio e rumore.

La preparazione della sfilata è un lavoro complesso, dura diversi giorni in un luogo appartato coinvolgendo una decina di persone. Si tratta di assemblare abiti e accessori e coordinarli alle modelle, organizzare una sequenza di uscite in cui vanno calcolati al millimetro i tempi, i cambi, in un continuo aggiustamento per approssimazione che coinvolge i vestiti e gli accessori, le acconciature e il trucco delle modelle. Lo spazio è luminoso e sembra determinato da un'ossessione concentrata e moltiplicata dello sguardo. Ogni scelta deve essere immediatamente discussa e verificata dal gesto estraniante dell'immagine allo specchio, dello scatto di Polaroid che servirà poi per formare una sorta di story board nello spettacolo conclusivo delle uscite. Le modelle assolvono il loro compito perdendo via via in corporeità e fisicità, divengono surreali manichini.

In questo passaggio la sequenza scivola discretamente dal réportage di ambiente alla foto quasi astratta, con la doppia immagine scandita dai piani di uno specchio. Qui è stato forse utile, all'autrice, prendere mosse dal versante più metafisico della fotografia di teatro di Vasco Ascolini, ma asisstiamo ad uno spostamento significativo: questa è una foto di matrice surrealista, potrebbe essere di Man Ray o di Florence Henri, e di estrema sapienza è il taglio con le due figure, i due simulacri, addossati ai margini del quadro scandito come quadrato sulla destra, e la parte centrale modulata di tenui passaggi di luce che isolano la doppia presenza del singolo corpo. Non un'immagine del punto alto della recitazione come usa nella foto scenica, ma quasi il suo speculare opposto: foto della pausa, dell'interstizio vuoto di tempi e spazi.

Poi si torna sulle immagini del lavoro, dei suoi oggetti e segni di attenzione concentrata, e il racconto subisce un'ulteriore deviazione. Questo appartamento ad un certo punto smette di essere raccontato come luogo solo funzionale e diviene un luogo abitato: non è solo la tazza di caffè, ma anche l'evidenza delle pause, il guardarsi attorno e i vuoti nell'azione. A tratti potrebbe essere uno dei luoghi d'attesa, una delle sale d'aspetto di stazioni e aeroporti che queste ragazze conoscono benissimo, dove si mangia un panino leggendo una rivista. Si avverte (Francesca Bertolini lo rende in modo ellittico, senza denunce facili e urlate, ma ugualmente efficace) una curiosa omologia tra questo spazio privo di luogo (un appartamento abitato ma non una casa, nessuno qui dispone del proprio tempo se non in vista di uno scopo finale, che resterà fino alla fine fuori campo) e questi corpi la cui funzione qui è quella di essere intercambiabili al massimo grado. Divenire degli Ultracorpi . Francesca Bertolini intraprende poi un percorso nella direzione opposta e stringendo sui dettagli (un'acconciatura, i gesti del maquillage, quello che dovrebbe omologare i volti in vista dello spettacolo finale) riesce a rilevare la bellezza sotto la maschera in costruzione, e spesso è annodata proprio al gesto del lavoro cosmetico. Si sfiora un occhio (ancora un sussulto surrealista, tra Man Ray e Un chien andalou ) e sentiamo complicità, la sentiamo anche nella fotografa che in un primo piano trova una fisiognomica intensa, capace di forare strati di trucco e di iconografie patinate. Poi inizia lo spettacolo, sulla ribalta che noi vediamo in controcampo. Avvertiamo,in questo allungarsi del campo, in questo allontanarsi di una piccola figura, lo sciogliersi di una tensione, uno sguardo partecipe che segue con affetto, quasi spia, questa breve scena.

Paolo Barbaro - Settembre 2005

Le fotografie di Bertolini sono conservate presso:
•  Biblioteque Nazionale de France – Parigi - Francia
•  Centre Mediterraneen de la Photographie – Bastia - Francia
•  Centre Régional de la Photographie - Douchy les Mines Nord Pas-de-Calais - Francia
•  Musée de la Photographie à Charleroi – Charleroi - Belgio
•  Kunsbibliotek - Museum Fur Fotografie – Berlino - Germania
•  Fotostiftung Schweiz – Winterthur -Svizzera
•  Centro di Ricerca e Archiviazione della Fotografia – Lestans (PN)
•  Archivio di Italo Zannier
•  Circolo Fotografico di Castel Bolognese (RA)
•  Circolo Fotografico La Gondola - Venezia
•  Circolo fotografico CineFotoClub - Monetcchio Emilia
•  Istituto Superiore di Storia della Fotografia - Padova

OF- Via Casale de Merode 17° - Roma Ingresso libero dal Lun. al Ven. 16:00 – 19:30 Sab. 10:00 13:00
INFO:www.officinefotografiche.org – of@officinefotografiche.org

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